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TENCO SI UCCISE DAVANTI A DALIDA
A Sanremo la verità viene a galla - Incredibile risultato di una inchiesta condotta sul posto: la cantante si trovava nella stanza dell'autore di "Ciao amore, ciao". Ebbe con lui una violenta discussione di carattere artistico. A un certo punto fu udita gridare: "La colpa è tua che hai cantato male". Poi il colpo di rivoltella...
Sanremo, marzo
Il primo spunto per questa straordinaria inchiesta di Novella 2000 fu suggerito pochi giorni fa da un avvenimento casuale. Il nostro corrispondente di Sanremo Pino Angelini si trovava in un bar quando udì una dipendente dell'Hotel Savoia che, sfogliando i molti giornali con i commenti al tentato suicidio di Dalida, diceva ad una amica: "Quante frottole! Tutti dicono che Dalida voleva morire per il rimorso d'essere arrivata tardi nella camera di Tenco. E' tutto il contrario: Dalida si trovava nella camera di Tenco quando lui s'è ammazzato. L'ha visto spararsi il colpo di pistola e non ha saputo trattenerlo. Ecco perché è rimasta fuori senno per un mese e poi ha tentato di uccidersi anche lei".
Il giorno dopo il nostro Angelini ebbe occasione di ascoltare un cameriere dell'Hotel Savoia che confidava ad un fotografo: "Dalida era in camera con Tenco; io posso dirlo perché nei giorni del festival dormivo nella "dépendence", vicino alla stanza di Tenco; li ho sentiti parlare tra loro in piena notte, pareva che litigassero".
Angelini ci riferì subito le due notizie che, in un primo tempo, ci lasciarono piuttosto perplessi. Fino a che punto erano attendibili?
Ma in quegli stessi giorni arrivò un'altra voce sorprendente da Parigi: si diceva che la stessa Dalida avesse confidato ad un collega: "Era stato troppo tremendo per me veder morire Tenco, davanti ai miei occhi".
A questo punto decidemmo di vederci chiaro. Ed eccoci qui, all'Hotel Savoia di Sanremo. Chiediamo subito di parlare con il portiere e il guardiano notturno che la notte del 26 gennaio erano di turno, il signor Walter Carattoni e il signor Luigi Cenati, e comprendiamo subito dal loro riserbo che non vogliono assolutamente ritornare sull'argomento: la faccenda di quel suicidio ha già dato troppi grattacapi. Ma ecco arrivare un'altra volta il nostro Angelini con un documento prezioso: un registratore portatile sul quale lui, prima del nostro arrivo, aveva inciso una chiacchierata amichevole fatta col guardiano notturno Luigi Cenati.
"A che ora hai visto Dalida?".
"Alle due".
"E si dirigeva nel sotterraneo, verso la camera di Tenco?".
"Sì".
Se teniamo presente che la morte di Tenco avvenne alle ore 2,30 circa abbiamo subito la conferma che Dalida ha visto Tenco ancora vivo., anzi ha avuto modo di rimanere con lui moltissimo tempo, quasi mezz'ora. Ma evidentemente è inutile insistere con i dipendenti dell'Hotel, voler conoscere altri particolari, nessuno parla per il preciso ordine della direzione di non lasciar trapelare più nulla. Non ci rimane dunque che ricostruire le ultime ore di quella notte con una paziente e puntigliosa inchiesta. I risultati, come vedremo, confermano in pieno le prime supposizioni attraverso una concordanza di testimonianze, di orari e di particolari che è quanto meno sorprendente.
Prima tappa. Andiamo dal portiere del Casinò Mario Bruzzone per sapere a che ora esattamente ha visto Tenco, Dalida e gli amici che si allontanavano su varie macchine, dopo l'esito delle votazioni: "Erano le 0,50. Ricordo di aver guardato l'orologio, non vedevo l'ora che finisse tutto".
Seconda tappa. Eccoci dal proprietario del ristorante "U' Nostromo", Marcello Romagnone, che vide arrivare la comitiva. "Avevano prenotato una tavolata, li aspettavo per mezzanotte e mezzo. Nell'attesa, mi misi a sedere su questo muretto che divide il ristorante da via Nino Bixio", ci dice indicandoci il punto."Arrivarono dopo venticinque minuti circa, all'una meno cinque. Dalida entrò senza Tenco che era rimasto sulla sua macchina a parlare con un amico. Sedette al tavolo e disse: "Non mi sento proprio di mangiare, portatemi solo un consommé".Aspettava Tenco ma quello non entrò, anzi lo vidi io, ancora in macchina, innestare la marcia e ripartire".
L'altro proprietario di "U' Nostromo", Gino Martina, prosegue il racconto: "All'una e un quarto circa suonò il telefono: era uno della casa discografica che voleva parlare con Dalida. Non so cosa si dissero, ma dieci minuti dopo Dalida, accompagnata da tre amici, lasciava il locale. Mi ricordo nitidamente questo particolare perchè disse, alzandosi: "Voglio andare da Luigi, devo tirarlo su di morale".All'una e venticinque, dunque Dalida si dirigeva verso l'albergo, che dista cinque minuti di macchina dal ristorante.
Il portiere del Savoia la vide salire frettolosamente in camera sua per cambiarsi di d'abito. A quale ora ridiscese e si diresse verso la camera di Tenco lo sappiamo attraverso la testimonianza registrata del guardiano notturno. Erano le due. Ma abbiamo voluto compiere un altro accertamento, terza tappa della nostra inchiesta: il commissariato.
"Signor commissario, quando Dalida è stata sottoposta all'interrogatorio della polizia ha precisato a che ora era entrata nella camera di Tenco?".
Il commissario gentilmente richiede il verbale e ci legge la parte che ci interessa: ""Dalida ha affermato d'essere entrata nella stanza di Tenco alle due-due e dieci".
Come mai la cantante s'è lasciata sfuggire questa dichiarazione, aggiungendo poi di aver visto Tenco già morto, se la morte di Tenco è avvenuta invece 20-30 minuti dopo, cioè alle due e mezzo?
Era opportuno a questo punto documentarci sull'ora esatta della morte ed ecco la nostra quarta tappa che ci ha portati nello studio del medico, chiamato d'urgenza quella notte, il dottor Franco Borelli.
"Ricevetti la telefonata alle due e mezzo"ci dice sicuro, "mi vestii in un baleno e corsi subito sul posto. Arrivai alle due e tre quarti, non più tardi".
"Secondo lei la morte risaliva a molti minuti prima?"
"No di certo. Appariva evidente che era morto da pochissimo tempo, un quarto d'ora, venti minuti al massimo".
"La vidi con l'abito tutto sporco di sangue"
Quindi se Tenco non è morto prima delle 2,25 Dalida l'ha visto ancora vivo. Ci si può chiedere allora come mai la cantante non gli si sia buttata addosso per impedirgli di sparare. Ma anche a questo interrogativo ci potrebbe essere una risposta affermativa: Dalida può aver compiuto questo gesto. C'è la testimonianza di un giornalista che abbiamo interrogato, Mario Olivieri; occupava la camera 210, abbastanza vicina alla 219 di Tenco, e fu tra i primi ad accorrere all'urlo straziante di Dalida: "La vidi con l'abito tutto sporco di sangue, come il grembiule di un macellaio".Per ridursi così, certo gli si era stretta addosso.
"Ma questo non è possibile", ci hanno ribattuto alcuni inservienti dell'Hotel Savoia, "perché il corpo di Tenco è stato trovato disteso davanti allo specchio, proprio nella posizione di chi s'è ripiegato su se stesso senza intervento di estranei, con le gambe rovesciate all'indietro".
Ma anche questa versione, ripetuta da tutti coloro che videro il cadavere alcune ore dopo il decesso, non collima affatto con quella di chi ha visto Tenco appena dopo il suicidio. E' lo stesso collega Olivieri che lo precisa e le sue parole sono esattamente uguali a quelle del dottor Franco Borelli e dell'autista della Croce Rossa Pierino Gastaldi ai quali abbiamo posto la stessa domanda: "Abbiamo visto Tenco lungo disteso per terra con il capo appoggiato al letto e le gambe allungate sotto il comò". Questo comò è a fianco del letto, mentre l'armadio a specchio è di fronte al letto stesso. C'è stata dunque una rimozione del cadavere? Certo, anche questo l'abbiamo appurato.
In una breve intervista di cui conserviamo la registrazione il custode del cimitero Giuseppe Norberti dice: "Tenco fu portato qui poco dopo il suicidio. Ma a un certo punto il carro funebre, prima che entrasse nell'obitorio, fece dietrofront e fu rimandato di nuovo a Sanremo, per ordine di una pattuglia di agenti". Evidentemente qualcuno s'era accorto che non erano state espletate tutte le formalità di legge.
"E quando è ritornato il carro funebre?"
"Circa due ore e mezzo dopo, alle 5,30"
E' umanamente spiegabile che l'Hotel Savoia si sia tanto affrettato ad allontanare il corpo di Tenco, un cadavere dà sempre fastidio. E' altrettanto comprensibile che oggi i dipendenti dell'hotel neghino questo viavai del feretro. "Tenco non si è mai mosso di qui", dicono.
Il guardiano notturno dell'albergo, per dimostrarci il suo zelo, aggiunge ad un certo punto: "Poco dopo il suicidio di Tenco, Dalida voleva andarsene via. Mandò da me due suoi amici i quali mi chiesero se c'era una porta secondaria per uscire senza essere vista. Io lo riferii subito agli agenti che dissero no, Dalida non può muoversi finché non sarà sottoposta all'interrogatorio e non verrà fatta stesura del verbale".
Un mese trascorso nella disperazione
Dunque la cantante aveva una gran fretta di allontanarsi senza dare spiegazioni di sorta. Quando è stata interrogata, s'è limitata a dire che aveva trovato Tenco esanime, per terra, e che aveva subito usato il telefono della camera per avvertire il portiere della tragedia. Non aggiunse nient'altro di rilevante. Perché?
Se è vera la nostra ricostruzione, il suo silenzio è facilmente interpretabile: non ha voluto spiegare il motivo per cui stava litigando con Tenco. E' strabiliante notare a questo proposito che fin dal 28 gennaio, cioè due giorni dopo il fatto, anche un'altra giornalista, Eliana Cosimini, aveva sentito vociferare di questo concitato colloquio tra Tenco e Dalida poco prima del suicidio e l'aveva riportato sul suo giornale dandone una spiegazione sentimentale: forse Tenco era geloso dell'ex-marito della cantante.
Se la lite c'è stata, a noi sembra invece più verosimile che sia da attribuirsi a motivi artistici. Un ragazzo che prima di morire scrive una lettera parlando soltanto della bocciatura della sua canzone, evidentemente non pensa all'amore: quindi è probabile che Tenco abbia accusato Dalida di aver insistito per farlo andare a Sanremo e che la cantante gli abbia ribattuto: "Se è andata così la colpa non è mia, ma tua, che hai cantato male".
Questo spiegherebbe anche il maggior rimorso provato da lei poco dopo, quando vide Tenco, esasperato, uccidersi davanti ai suoi occhi. Non sappiamo se Dalida, ormai completamente rimessa, vorrà dare una risposta esauriente a questi interrogativi, o se negherà anche quanto sarebbe trapelato in questi giorni a Parigi.
In ogni caso, se tacerà, sarà esclusivamente per il suo riserbo di donna, non certo per il timore di eventuali complicazioni giudiziarie. Il fatto che lei possa aver visto Tenco poco prima o poco dopo la morte non ha infatti alcuna importanza in questo senso, tutti sono concordi nell'ffermare che si è trattato di suicidio e i rilievi della polizia sono stati così esaurienti e precisi da non lasciare adito ad alcun dubbio.Ma questo stesso fatto, da un punto di vista psicologico, acquista invece un'enorme importanza e può finalmente spiegarci lo stato di estrema disperazione che si era impossessato di questa donna nel mese successivo alla tragedia, fino ad indurla a tentare a sua volta il suicidio. Spiega l'incapacità, per molti giorni, a ricantare quella canzone, spiega la visita al cimitero di Ricaldone, la visita alla madre del cantante, il cercare la morte nello stesso albergo parigino di Tenco. Ci fossero o no dei legami di tenerezza con lui, basterebbe pensare al ricordo di quell'ultimo misterioso colloquio, del volto disperato di lui, delle parole che lei non seppe trovare per fermare il suo gesto, di un sorriso donato o negato, per giustificare un trauma così violento e angoscioso.
Così acquistano altro significato anche le frasi spesso ripetute da Dalida dopo Sanremo: "Avrei dovuto confortarlo di più, avrei dovuto impedirgli d'uccidersi".
Roberto Buttafava
articolo
tratto da "NOVELLA 2000" del 19/03/1967
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