torna a: il mio regno La mia pagina su L.Tenco
vai a: la stampa l'edicola discografia juke-box spartiti biografia
metti le tue idee in : BLOG il mio regno TEN... QUIZ
e se ci diranno... (forum) lascia/leggi i messaggi e-mail
Diamo il via, in questo numero,
al primo di una serie di dibattiti su argomenti di
attualità. Ogni settimana cantanti, esperti, personaggi del
mondo della musica e dello spettacolo discuteranno su un
tema diverso. Stavolta tocca al beat. È in ribasso? Sarà
soppiantato dal rhythm and blues? Ecco, parola per parola, i
pareri di una cantante beat all'italiana, Caterina Caselli,
di un cantante folk, Luigi Tenco, e di un esperto di beat,
il disc-jockey Gianni Boncompagni. Moderatore il nostro
redattore Fabrizio Zampa.
F.
Zampa: Secondo
voi,
il beat è in crisi o no?
G.
Boncompagni: Anzitutto
bisogna
chiarire una cosa: "beat", tecnicamente parlando, è tutta la
musica con una ritmica in "battere". Sono beat il rhythm and
blues, il rock, il folk-rock e così via. In Italia,
nell'accezione comune, beat significa musica inglese,
"english sound". Dire però che tutta la musica beat è in
crisi è inesatto. La crisi c'è, ma riguarda solamente il
sound inglese, a base di chitarre e chitarre basso, suoni
distorti, ricerche di nuovi suoni sul tipo degli Who. Se
parliamo dell'Inghilterra, allora sì, il beat è in crisi.
Per gli inglesi e per tutti i loro imitatori, in tutto il
mondo.
F.
Zampa: E
quali sono i motivi di questa crisi?
C.
Caselli: Secondo
me,
semplicemente perché si tratta di una moda. E le mode, prima
o poi, passano. Il beat inglese ha avuto uno sviluppo
eccezionale, ha invaso il mondo con un'incredibile rapidità.
Da noi, il beat "all'italiana" ha fatto altrettanto. Negli
ultimi due anni sono nati cinquemila nuovi complessi. Ma,
come moda, ormai ha fatto il suo tempo.
F.
Zampa: Non
credete
che tra i motivi ci siano anche l'inflazione di dischi e
complessi e l'impossibilità di trovare canzoni veramente
buone?
G.
Boncompagni
:Anche questi, certo. Ma il vero
motivo è puramente commerciale. Gli editori americani si
sono trovati completamente invasi dalla musica inglese. È
stata invasa anche l'Europa, fino a pochi aani fa "dominio"
americano. E allora hanno reagito all'offensiva britannica
con una massiccia campagna di lancio dei "prodotti
nazionali". Hanno incominciato a imporre il "sound Usa": il
rhythm and blues e il nuovo suono bianco, eccezionale, come
quello dei Beach Boys, che hanno addirittura superato i
Beatles in popolarità. Il fatto è che gli americani hanno
alle spalle miliardi di dollari e quindi la possibilità di
fare una gigantesca campagna pubblicitaria.
C.
Caselli: Io
sono
d'accordo con Boncompagni. Il rhythm and blues è una musica
infinitamente più vera e più "calda" del sound inglese. Gli
americani hanno una tradizione musicale validissima. È da
loro che gli inglesi hanno attinto. L'Inghilterra adesso è
una moda, Londra, da qualche anno, è al centro di tutto...
G.
Boncompagni: No,
no.
Londra è finita. È completamente "out". Adesso c'è soltanto
Parigi. Parigi.
F.
Zampa: A
Londra e all'Inghilterra, però, fino ad oggi ci abbiamo
creduto tutti, si trattasse di beat o no.
C. Caselli: Bisogna
crederci.
Ora dobbiamo guardare al futuro. Se, come dice Boncompagni,
Londra e l'Inghilterra sono "out", cominciamo a pensare
all'America. E al sound "Usa".
L. Tenco [è arrivato in
redazione a questo punto della conversazione]: Quando
un
paese riesce ad esprimere in chiave moderna una sua musica
tipica (come è avvenuto per il cha cha cha, la bossanova, il
rock e così via) , per un certo periodo il genere interessa
il mondo intero. Anzi, il mercato mondiale. Perché, non
dimentichiamolo, la musica oggi è un fatto soprattutto
commerciale. Così, il mercato più forte impone il suo
genere. Adesso il sound inglese è diventato un patrimonio di
tutti: americani, francesi, italiani. E l'Inghilterra, oggi,
segna il passo con gli altri.
F.
Zampa: La
situazione,
mi sembra, l'abbiamo delineata. Adesso si tratta di vedere
quali sono le vie d'uscita.
G.
Boncompagni: L'unica
soluzione
è il valzer. Scherzi a parte, il rhythm and blues è la
musica di domani.
C.
Caselli: Sono
d'accordo.
Il rhythm and blues è formidabile, cert cantanti fanno
venire la pelle d'oca, tanto sono bravi.
F.
Zampa: E
in Italia? Abbiamo dei cantanti in grado di affiancarsi agli
americani, o almeno di imitarli in maniera decente? Io dico
di no.
G.
Boncompagni: Certo.
Ma
avremo il rhythm and blues all'italiana, come c'è stato fino
ad oggi il beat all'italiana. E poi il rhythm and blues è
molto vicino ai nostri gusti, più di ogni altra cosa alla
canzone napoletana, nel senso che è "di cuore".
C.
Caselli: È
logico che da noi il rhythm and blues dovrà essere molto
commercializzato.
L. Tenco: Secondo
me la soluzione non è quella di guardare all'estero per
imitare il genere degli altri. L'unica cosa da fare è
sfruttare il patrimonio musicale nazionale. "Bang bang" è un
disco che va fortissimo in questi giorni. Ed è una melodia
tipicamente italiana. Ma si vende perché è stata proposta
dagli americani. Se l'avessimo fatto noi per primi, non ci
avrebbero nemmeno guardati in faccia. Però questo dimostra
che nelle nostre musiche folcloristiche c'è una vera
ricchezza. Bisognerebbe prendere melodie tipiche italiane e
inserirle nel sound moderno, come fanno i negri con il
rhythm and blues, che proviene dal jazz, o come hanno fatto
i Beatles, che hanno dato un suono di oggi alle marcette
scozzesi invece di suonare con le zampogne.
G.
Boncompagni: È
impossibile fare una cosa del genere senza il personaggio
giusto. Ci vorrebbe un nuovo Modugno, l'unico nostro
cantante conosciuto all'estero, oltre Claudio Villa.
C.
Caselli: Per
far
conoscere i nuovi personaggi ci vogliono delle persone che
sappiano pubblicizzarli, dei manager veri. A noi manca un
Epstein. È questo il punto.
G.
Boncompagni: Caterina
ha
ragione. Giustissimo: ci vorrebbe l'Epstein italiano. Ma
sapete perché questo non avviene? Un capo ufficio-stampa di
una casa discografica guadagna centocinquantamila lire al
mese. In America guadagnerebbe due milioni, oltre alle
percentuali sulle vendite dei dischi. Insomma, un capo
ufficio-stampa da centocinquantamila lire al mese rende per
centocinquantamila lire al mese. Per uno stipendio da
impiegato, il rendimento è quello di un impiegato.
C.
Caselli: Infatti,
l'unica
cantante italiana che abbia fatto una carriera senza
sbandamenti è la Pavone, che ha avuto sempre dietro le
spalle Teddy Reno. E noi tutti avremmo bisogno di dieci,
cento Teddy Reno. Quante volte i cantanti italiani, io
compresa, vanno all'estero... Ma è inutile andare a cantare
all'Olympia, per esempio, se non c'è dietro tutto un battage
pubblicitario, una campagna che comincia due mesi prima di
una tournée o di uno spettacolo alla tv. Le nostre case
discografiche fanno ancora le cose a livello artigianale.
L. Tenco: Il
giorno in cui si deciderà di lanciare un nuovo genere, non
saranno necessari solo i manager. Ci sarà bisogno della
collaborazione di tutti: cantanti, autori, case
discografiche, giornalisti. Fino a oggi in Italia sono stati
tutti vittime del provincialismo. Perché apprezzare solo
quello che viene dall'estero è provincialismo, e per di più
appoggiato dalla stampa, dalla radio e dalla televisione.
Nessuno fa niente per la "nostra" musica.
F.
Zampa: Se
però
ci si orienta verso una musica, sia pure indirettamente, di
genere folk, il fine commerciale di tutta l'operazione si
allontana. Il folk è un fatto culturale, una musica folk
italiana sarebbe perciò dedicata ad un pubblico ristretto...
L.
Tenco: Il
patrimonio
folcloristico di una nazione, lo ripeto, è tanto vasto che
ogni cantante e compositore potrebbe attingervi mantenendo
la sua personalità: se uno vuol fare la protesta, può
protestare, se un altro vuol far ballare la gente, può farla
ballare, ce ne sarebbe per tutti.
G.
Boncompagni: È
utopistico, però. Tenete presente che i ragazzi comprano i
dischi per ballare. E per venderli c'è bisogno di una grande
pubblicità. Il pubblico è sprovveduto, non sa niente. Tu gli
inventiun suono nuovo, l'"italian sound", gli metti sopra un
miliardo di pubblicità e vedrai che tutti compreranno i
dischi "italian sound". Anche se non si attinge al
patrimonio folcloristico. Ci vogliono solo i miliardi,
nient'altro.
F.
Zampa: Cerchiamo
di
concludere. Dato per scontato che il genere inglese è morto,
o almeno in agonia, da che cosa verrà sostituito, dato che
una moda, per morire, deve essere soppiantata da un'altra?
G.
Boncompagni: Ci
sarà
un boom dell'America, non ci sono dubbi.
C.
Caselli: America,
America.
L. Tenco: Succederà
quello che faremo succedere. Se i giornali, la radio e la tv
non parleranno che degli americani, allora America. Se
invece prenderemo una strada nazionale...
G.
Boncompagni: E
chi la farà, questa strada? Ci vuole un leader, come Modugno
ai suoi tempi.
F.
Zampa: E
allora, America. E rhythm and blues.
G.
Boncompagni: Rhythm
and
blues all'italiana, naturalmente.
articolo tratto da BIG del 4/ 1 /1967 (la foto si riferisce ad una pubblicazione postuma)
copyright © dal 2003 ilmioregno.it All rights reserved. Credits