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Ricordo di TENCO: " La società dei consumi ha ucciso un cantante..."
(...."imparò a suonare sulla chitarra di un operaio"....)
un articolo del 1968 di Norberto Tansella tratto da "IL LICEALE"
Un anno fa moriva tragicamente a Sanremo Luigi Tenco, un cantautore genovese giunto alla soglia dei trent'anni con in spalla un bagaglio di sogni irrealizzati e svaniti nel nulla, con ideali e aspirazioni costantemente traditi. Si è detto già molto sulla vicenda della sua morte, e per questo credo che il mio compito sia solo quello di far rivivere in qualcuno ancora il ricordo di ciò che fu la sua personalità di uomo e di poeta, e di far comprendere l'alto contributo da lui offerto alla musica leggera italiana.
Tenco era un uomo orientato costituzionalmente alla solitudine e all'introspezione, trovava una certa difficoltà nello stabilire i rapporti cogli altri per la sua natura troppo chiusa. Non è mai riuscito a raggiungere quell'equilibrio d'animo indispensabile oggi a fornire un sicuro modello di vita su cui basarsi. Il suo animo, costantemente proteso all'insorgere di nuovi problemi, lo portava ad avere paura del pubblico che doveva giustificarlo. Ma il suo merito maggiore, a mio avviso, fu quello di essere un autocritico, di saper valutare nella giusta misura le sue possibilità e i suoi limiti, di esser sempre pronto a un continuo impegno per una vita migliore. Sempre scontento di sé e con un ansia inappagata di miglioramento, ricadeva in un pessimismo che non riusciva mai a vincere e che lo portava alla disperazione. Il sentirsi solo in una vita così lontana da quella sognata, lo facevano tornare indietro nel tempo a nostalgicare su ciò che non aveva saputo cogliere dagli anni suoi più belli. A quest'abitudine di guardare al passato corrispondeva nel suo animo un alto senso idealistico della vita che fu fino alla morte l'unico stimolo per continuare a lottare. Quando però egli non ha più saputo trovare quegli ideali che avevano sempre caratterizzato la sua vita, quando ha visto crollare tutti i suoi sforzi per cambiare un pò le cose intorno a sé allora con un gesto disperato ha deciso di morire.
Luigi Tenco non ha mai studiato musica; fin da bambino era stato un autodidatta. Imparò a suonare sulla chitarra di un operaio e negli anni del liceo fece la sua prima esperienza in un coplessino studentesco. Poi il lancio definitivo, la ombra di un successo che in realtà ebbe solo dopo la morte. Le sue composizioni sono senza dubbio fra le più dolci e le sue parole quelle di un vero poeta. Credeva molto nelle sue idee, credeva nel potere sensibilizzante delle canzoni e per questo si era avviato su quella strada. Poi venne la delusione, l'insuccesso e l'ultimo disperato atto.
Data la natura del suo carattere, scontrosa ed anticonformista, egli scrisse molte canzoni di protesta, anzi si può senz'altro affermare che sia stato lui il primo a dare il via a questo nuovo genere. Tutti gli altri, sia in Italia che all'estero lo hanno imitato e purtroppo hanno fatto delle loro idee un comune mezzo di speculazione. Tenco invece non amava i soldi, gli piaceva la vita semplice nell'intimità della sua villa a Recco e, quando il lavoro glielo permetteva, se ne andava lì, a cogliere quelle piccole gioie della vita che gli venivano dall'affetto dei familiari.
Le sue canzoni più belle: Quando - Mi sono innamorato di te - Angela - Ho capito che ti amo - Ciao amore, ciao - Ragazzo mio - Un giorno dopo l'altro - Lontano lontano.
Ed ora, per non continuare su temi già ampiamente sfruttati, mi si consenta di impostare il problema del suicidio, inquadrandolo in un contesto più generale. Il caso di Luigi Tenco, intendiamoci bene, non è isolato, ma va ad inserirsi in un quadro ben più vasto di episodi come il suo. Proviamo ad andare fino in fondo alla questione, a chiederci perchè un uomo ancor giovane possa toccare i limiti del suicidio. L'episodio di Tenco ci porta a sottolineare un aspetto importante della nostra società, così impetuosa nei confronti degli idealisti e dei sognatori come lui, così incapace di fornire reali forme di spiritualità sempre pronta a distruggere le qualità morali di un uomo, quando queste esistono. La "società dei consumi" (se vogliamo usare il termine ormai entrato nell'uso comune) ha ucciso un cantante troppo diverso dagli altri, reo soltanto di possedere certe idee, certi ideali non riconducibili agli schemi della normale vita quotidiana, ma basati soltanto su puri sentimenti d'animo destinati a restare incompresi. Tenco ha cercato vanamente nella protesta il mezzo per opporsi a quella spaventosa realtà, ma non è stato compreso. Il suo dramma a questo punto giunge al suo culmine e, a guisa di personaggi alfieriani, egli trova nella morte la soluzione tragica al contrasto che avverte fra la dolorosa limitatezza della realtà e l'insopprimibile anelito au una vita migliore, trova nel suicidio la liberazione dagli affanni di una vita che è diventata una prigione.
Voglio concludere con una nota di rammarico, per aver dolorosamente constatato che la stessa società contro cui Tenco si era scagliato nelle sue proteste, si è poi servito di lui e delle sue canzoni per farne un altro mezzo di speculazione economica.
Sono le beffe della vita a cui è meglio non pensare. Ma ciò nonostante si è sicuri che il suo ricordo e la sua opera resteranno vivi e incancellabili nei cuori di quelli che lo seguirono e lo seppero apprezzare durante tutto il corso della sua vita sfortunata.
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