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LE POESIE DEI GIOVANI PER LUIGI TENCO
Raccolti in un volumetto tutti i versi dedicati al cantautore suicida
Giusto un anno dopo il clamoroso suicidio di Sanremo è stato pubblicato un libretto intitolato "In ricordo di Luigi Tenco". Contiene delle poesie, una settantina, e potrebbe sembrare l'aspetto deteriore di quel mito che ha preso corpo nel tempo e che ha spinto altri giovani a tentare la folle strada del cantante. In realtà è qualcosa di diverso, forse è la fase più umana di tutta la brutta storia, l'inizio della demitizzazione. Perchè il coro di giovani voci che si alza dal libretto accusa chiaramente un sentimento di colpa e già pensa all'inutilità di proclamare, oggi, dei sentimenti che sarebbero valsi a salvare Tenco ieri.
" Uno di noi è morto/ La gente si chiede perchè/ La gente non sa/ che a farlo fuori/ siamo stati noi". Così scrive Dino Colalongo, un ragazzo di Pescara, con una brutalità che trova una giustificazione solo nell'ansia e nella necessità di farsi sentire subito e da molti. Romy Bugani, da Bergamo, dice: "Troppo solo ti abbiamo lasciato/ ed ora inutilmente ci chiediamo/ Perchè l'hai fatto?", mentre Gianna Benso, da Genova allarga il discorso: "Nessuno ti ha capito/ nessuno ha compreso le tue parole/ forse erano troppo belle per noi/ per noi che corriamo dietro a tante cose/ Perchè non ci siamo fermati un momento?/ Avremmo conosciuto la vera poesia/ la vera tristezza/ Ma non l'abbiamo fatto".
Le citazioni potrebbero continuare coi versi di Armando Baione da Venezia ("Addio amico/ ora nessuno più/ ti stringerà la mano/ Addio amico/ ma a primavera/ coglieremo per te/ il primo fiore rosso") di Alberto Abate, di Gianluigi Ago, Mady Anagni, di Tino Arosio, di Brunilde Betti, di Caterina Bonamassa, di Alessandro Bianda, di Silvano Busetti, di Nadia Businelli, di Gastone Casali, di Ivana Cisero, di Lina Crespi, di Achille de Gregorio, di Tania Centrone, di Diego Genna (addirittura da Città del Capo, nel Sudafrica), di Giorgio Gavisio, di Franco Marcelloni, e ancora di Maria Giuseppina Malinverni, di Nicola Maggi, del cantautore Fabrizio de André che ricorda Tenco nella canzone "Preghiera in gennaio", e di tanti altri ragazzi, ma il discorso rimarrebbe impigliato sempre in quel senso di colpa che i ragazzi, più degli altri, hanno sentito per la morte di Tenco. Perchè anche loro non lo conoscevano, perchè anche loro lo accettavano con indifferenza e ad un tratto ne hanno scoperto gli occhi chiari colmi di amarezza e si sono specchiati in quel viso, in quella sorte, in quella notte balorda che l'ha spinto al suicidio.
Così all'improvviso il volto accigliato di Tenco è diventato un mito del nostro tempo ma innalzato su un altare borghese con sentimenti di pietà e di affetto che appartengono all'uomo da sempre.
I versi ingenui, qualche volta decisamente sprovveduti, del libretto pubblicato dal "Club Luigi Tenco" di Venezia, parlano del dolore che i giovani hanno sentito nel rendersi conto che uno di loro avrebbe potuto essere salvato. Non è una accusa nei riguardi di una società, oggi più che mai sospettata di non capire i giovani, ma una confessione capace di liberare dall'incubo. Forse da ora in poi Tenco, anche grazie a questo libro, non sarà più un mito. Tornerà ad essere quello di sempre: un ragazzo che ha tentato di dire la sua verità e che non è riuscito a superare la solitudine che prende tutti in certe serate d'inverno. Un ragazzo al quale è ora di dire addio, con semplicità, anche se con amarezza.
Vittorio Franchini
La foto: Una fotografia dall'album privato di Patty Pravo. La cantante sta intonando un "duetto" con Michele, accompagnata al pianoforte da Luigi Tenco. Come si ricorderà, nel febbraio 1967, il giovane cantautore ligure si tolse la vita nella sua camera d'albergo.
FOTO IN ATTESA DI PUBBLICAZIONEL'articolo, la foto e la didascalia alla foto con gli evidenti o/errori sono stati tratti da:
Domenica del Corriere del 19/3/1968
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