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Da "La Riviera", 11 aprile 2003  

 IL MISTERO “FAVOREVOLE ALLA RIESUMAZIONE DEL CADAVERE, MA CONVINTO DEL SUICIDIO”

“Squattrinato, ma senza debiti”

Il racconto dell'ex commissario Molinari che diresse le indagini sulla morte di Tenco

 

FABRIZIO TENERELLI

 

SANREMO - Colpi di scena, rivelazioni e smentite: a trentasei anni dalla morte del cantautore Luigi Tenco è stato detto di tutto e l'esatto contrario. Tuttavia, dopo l'intervista (pubblicata sul numero scorso della Riviera) all'ex consigliere comunale di Sanremo, Gianmario Mascia, che ha ricordato un colloquio informale avuto vent'anni fa con l'allora patron del Festival Gianni Ravera, sembra delinearsi una nuova ipotesi, secondo cui Tenco si sarebbe tolto la vita al culmine di uno stato di alterazione mentale, determinato dall'uso di stupefacenti per i debiti contratti con una banda di malavitosi marsigliesi. Per dovere di cronaca e anche per cercare conferme a questa tesi abbiamo incontrato l'allora commissario Arrigo Molinari, il funzionario di polizia che diresse le indagini, subito dopo il rinvenimento del cadavere a opera (secondo la tesi ufficiale) della cantante francese Dalidà.

Sulla morte di Luigi Tenco si è fatto un gran parlare: c'è chi sostiene che si sia suicidato e chi parla di omicidio. Quale ipotesi ritiene più probabile?

“Credo che non ci siano dubbi sulla pista investigativa del suicidio. Un gesto di disperazione dovuto alla sua esclusione dal Festival. Tenco teneva molto a superare quella selezione”.

All'epoca girava voce che facesse uso di stupefacenti, come confermò Ravera a Mascia nel 1983. A Iei risultava?

“Se per stupefacenti intendiamo cocaina o eroina, direi proprio di no. So che faceva uso di anfetamine, in particolare di "simpamina". Una sostanza euforizzante che allora era in libera vendita e in voga tra gli studenti che sotto esame volevano rimanere svegli più a lungo per studiare. Posso dire che la sera della sua esibizione, quando venne escluso, aveva bevuto della grappa e ingerito diversi psicofarmaci del genere. Un cocktail che sicuramente gli provocò degli scompensi a livello psicofisico. Ricordo che aveva molta paura del grande pubblico e che quella sera Mike Buongiorno dovette spingerlo con la forza sul palcoscenico dell'Ariston".

Collegato all'ipotesi dell'uso di droghe, emerge anche un altro particolare: Tenco avrebbe contratto forti debiti con gruppi di malavitosi "marsigliesi" ai quali doveva saldare partite di stupefacenti in precedenza acquistate. Pare, inoltre, che proprio la sera prima del suicidio avesse dovuto incontrare alcuni di questi personaggi ai quali doveva delle spiegazioni. Vi risulta?

"Che io sappia, Luigi Tenco era uno squattrinato, ma senza particolari debiti".

Si dice pure che avesse vinto 6 milioni di lire al Casinò di Sanremo. Una vincita ingente per l'epoca...

"Non credo. Comunque non ne ho mai avuto notizia".

I rilievi sul suicidio di Tenco vennero eseguiti in fretta e furia, c'erano delle pressioni?

"Tutti avevano interesse a sbarazzarsi al più presto del corpo di Tenco, perché lo "show" doveva continuare. A partire dagli organizzatori della manifestazione, per poi finire con gli artisti. Insomma, si temeva che il Festival venisse sospeso o addirittura invalidato e che tutti dovessero tornare sconsolati a casa".

Come mai il suo corpo venne spostato senza che lei ne fosse a conoscenza e poi riportato in stanza, dove fu sistemato in una posizione diversa?

"I miei uomini lo fecero spostare dietro le forti pressioni del factotum della Rai Ugo Zatterin e del patron del Festival Gianni Ravera, per i motivi che ho sopra elencato. Ricordo che erano circa le 4 del mattino. Stavo parlando con Lucio Dalla, quando l'appuntato Cau venne da me, consegnandomi la pistola e dicendomi che era tutto a posto. Io gli risposi "come tutto a posto?". Così mi disse di aver autorizzato la rimozione del cadavere".

Punì il militare che autorizzò lo spostamento della salma senza il suo consenso?

"Mi limitai a "cazziarlo": all'epoca si usava "cazziare", non punire".

Lo spostamento del corpo potrebbe aver cancellato delle tracce utili dal punto di vista investigativo?

"Sicuramente. Almeno dal punto di vista logistico".

Per quale motivo non vennero effettuati gli esami tossicologici che potrebbero confermare se Tenco avesse o meno assunto delle droghe la sera del suicidio?

"All'epoca l'autopsia veniva disposta per casi proprio eccezionali. Non era una prassi, a differenza di oggi. Quindi ci si basava molto sul fiuto degli investigatori".

Come mai nessuno si era accorto di nulla o aveva avvertito degli spari?

“I titolari dell'albergo gli avevano dato una camera nel sottoscala, per intenderci dove soggiornava il personale. Quindi, poteva essere difficile accorgersi di uno sparo”.

E' vero che tra Tenco e Dalidà correva una tenera amicizia e che la cantante, suicidatasi vent'anni dopo, era sposata con un marsigliese e che pure i suoi accompagnatori erano della stessa zona?

“So che gli accompagnatori di Dalidà venivano soprannominati "procuratori" ed erano francesi, come il marito. Sì, delle parti di Marsiglia. Sul fatto che tra Tenco e la cantante ci fosse una tenera amicizia, beh forse si trattava di una trovata pubblicitaria”.

Sarebbe favorevole a un'eventuale riapertura delle indagini per far luce sull'accaduto e alla riesumazione del cadavere?

“Direi proprio di sì. Finalmente, si potrebbe chiudere una volta per tutte un caso che per anni ha stuzzicato la fantasia dell'opinione pubblica”.

 

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