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tratto da "il Messaggero" 22/3/2003

QUELLA NOTTE AL SAVOY

Si parla più della sua scomparsa che delle sue canzoni

di MARCO MOLENDINI

ROMA - Ci risiamo. Torna l’eterno mistero della fine di Luigi Tenco, splendido talento musicale condannato al tormento perenne. Una morte che dura da trentasei anni. Colpa delle emozioni, dello schianto di uno sparo che ha scosso il cerimoniale di un Sanremo ingessato e condotto dal più liturgico dei conduttori, Mike Bongiorno (lo "spiacevole inconveniente" venne sparecchiato rapidamente, come si fa con un tavolo dopo aver cenato). La scia delle rivelazioni è andata avanti puntualmente, Festival dopo Festival, articolo dopo articolo, libro dopo libro. Ora ci infila il naso un procuratore della Repubblica che una sera di qualche settimana fa ha assistito a un programma televisivo. Un bel programma (a loro volta gli stessi autori hanno presentato un esposto elencando diciassette punti oscuri sulla morte del cantautore) con testimoni e filmati e l’aggiunta delle necessarie dosi di suspence.
La morte di Tenco, del resto, di interrogativi ne ha. Soprattutto per le imprecisioni e la fretta di risolvere l’ingombrante pratica (il corpo venne portato via dalla stanza dell’Hotel Savoy prima di effettuare i rilievi, salvo poi riportarlo in albergo e sistemarlo, più o meno, come era al momento del decesso). Alle domande si aggiunge la suggestione della storia: la scomparsa violenta di un giovanotto di talento e belle speranze. Disperato, angosciato, alterato, eliminato dalla gara. La fidanzata, Dalida, che non fa in tempo a fermare la pistola.
Ora si ritorna sul luogo del delitto. Si riscoperchia un giallo che non c’è, si scartabellano pacchi di fogli ingialliti. La nuova inchiesta (e dopo tutto questo tempo sarebbe del tutto normale) non scioglierà i dubbi. Però, lascerà la consolazione di qualche titolo in più sui giornali e sui telegiornali (anche se incombe la guerra). La pubblicità, del resto, è l’anima del commercio. Quanto ai misteri la cosa bella è che sono più forti della ragione. Li metti in un cassetto e puoi tirarli fuori quando vuoi. Invecchiando migliorano, come il vino di qualità. Il tempo nasconde le evidenze, confonde le carte, occulta la semplicità dei fatti.
Guardacaso in questi 36 anni di Tenco si è parlato più della sua scomparsa che delle sue canzoni, del suo talento, che ancora oggi offre segni evidenti (proprio a Sanremo c’è stata, quest’anno, la rivelazione di un cantautore alla Tenco come Sergio Cammariere e anche lui ha dovuto lottare anni e anni per trovare un posto al sole). Non resta che sperare che questo nuovo fervore investigativo serva almeno a mettere la pietra tombale sul balletto del mistero: «Forse non sarà domani, ma un bel giorno cambierà» come cantava Luigi, con la sua voce calda e sensuale, in una delle sue canzoni più belle, Vedrai, vedrai.

 

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