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tratto da "il Messaggero" 22/3/2003

Torna una vecchia ipotesi più volte scartata: il cantante non si suicidò ma fu ucciso. Si potrebbe arrivare alla riesumazione
Caso Tenco, un mistero lungo 36 anni
Nessuna autopsia, dubbi sulla pistola: la Procura di Sanremo riapre l’inchiesta

di CRISTIANA MANGANI

ROMA - Diciassette punti per la riapertura di un caso che ha fatto scalpore. A distanza di 36 anni dal giorno della morte, la Procura di Sanremo ha aperto un fascicolo su Luigi Tenco e sul suo strano suicidio nella stanza dell’Hotel Savoy. L’ipotesi di reato non è stata ancora formalizzata, ma per poter tornare ad accertare cosa accadde il 27 gennaio del ’67, mentre si stava svolgendo il Festival della canzone, è necessario immaginare che si sia trattato di un omicidio o tutt’al più di un incidente. In realtà, di aspetti misteriosi intorno a quel suicidio ce ne sono diversi: soprattutto di aver considerato, senza ombra di dubbio, che ad armare la pistola che ha ucciso il cantautore, fosse stata soltanto la sua disperazione per l’eliminazione. Indagini non ne sono state fatte, solo qualche interrogatorio e neanche un’autopsia che spiegasse in che modo la morte era arrivata.
L’iniziativa di indagare sulla fine di Luigi Tenco è stata presa dal procuratore capo di Sanremo, Mariano Gagliano, sulla base di un esposto presentato da tre giornalisti che da trent’anni si occupano della vicenda. Aldo Fegatelli Colonna ha scritto un libro dedicato a Tenco, dal titolo “Vita breve e morte di un genio musicale", ristampato un anno fa con alcuni aggiornamenti più investigativi che biografici. Insieme con Andrea Pomati e Marco Buttazzi ha firmato la denuncia con la quale si chiede alla magistratura di vedere chiaro in quel suicidio. E così, un paio di giorni fa, i carabinieri si sono recati alla Rai per sequestrare le videocassette di programmi - Enigna e Telefono giallo - dove il tema è stato dibattuto.
Cercare di risalire a un’altra eventuale verità non deve essere un compito facile. I giornalisti sono già stati ascoltati come persone informate sui fatti e altrettanto sta avvenendo con i periti che hanno studiato il caso in veste di intervistati dagli stessi Colonna, Pomati e Buttazzi. Subito dopo la chiusura dell’inchiesta, a sei mesi dalla morte del cantautore, i giornalisti hanno fatto richiesta del fascicolo e solo a novembre, quando hanno presentato la denuncia in Procura, la documentazione è passata nelle mani del pm.
Il primo mistero parte dalla pistola. Per gli investigatori che si recarono sul posto, Tenco si era ucciso con una Walther ppk 7,65, regolarmente registrata. Mino Duran, però, all’epoca corripondente del Corriere della Sera, profondo conoscitore di armi, disse che il cantante si era sparato con una Beretta calibro 22. La ferita evidenziata nelle foto e analizzata dagli esperti avrebbe confermato questa tesi. Sul cadavere, poi, non venne mai effettuata alcuna autopsia, né il guanto di paraffina. Un medico, chiamato per l’emergenza, si limitò ad accertarne la morte. Sostiene Colonna: «Leggendo gli atti abbiamo saputo che le foto sul cadavere vennero fatte solo in un secondo momento. Tenco venne trasportato all’obitorio. Poi ci si accorse che non era stata fotografata la scena del suicidio, e allora il corpo è stato riportato all’Hotel Savoy ormai con un rigor mortis in stato avanzato». Arrigo Molinari, il commissario di polizia, ora avvocato, che fece le indagini, non accetta
. «Quella sera - afferma - tutti avevano fretta di sbarazzarsi del cadavere. Volevano che la notizia rimanesse segreta, ma poi arrivò la stampa. Il corpo venne rimosso a mia insaputa, per questo fui costretto a farlo riportare in albergo». Gli esperti, comunque, sostengono che a distanza di 30 anni si può riuscire ad accertare la dinamica e la traiettoria seguita dal proiettile. La procura potrebbe anche decidere di far riesumare il cadavere.

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