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Le polemiche da Tenco ai plagi - tratto da "il nuovo" - 31/12/2001

Le polemiche: da Tenco ai plagi

Il suicidio del cantante nel '67 è l'episodio più drammatico della manifestazione. Nel '71 Lucio Dalla "ammorbidisce" la sua canzone su richiesta degli organizzatori. Patty Pravo è accusata di plagio nell'87.

"Faccio questo non perché stanco della vita (tutt'altro), ma come atto di protesta contro un pubblico che manda in finale Io
tu e le rose e una commissione che seleziona La rivoluzione". Basterebbe questo passo del messaggio lasciato da Luigi Tenco nella stanza 219 dell'Hotel Savoy di Sanremo, a dare la misura delle polemiche che
hanno attraversato la storia del Festival. Tenco si era presentato all'edizione 1967 con una delle sue peggiori canzoni, Ciao amore ciao e, finora, nessuno è riuscito a chiarire fino in fondo i perché del suo suicidio.
E' stato, quel proiettile nella notte tra il 26 e il 27 gennaio, il punto di svolta del Festival. Le polemiche e gli scandali, ovvio, c'erano sempre stati, ma da quel momento, per un comprensibile meccanismo di compensazione, non raggiungeranno più gli stessi picchi e, anzi, spesso si disperderanno spesso in mille, inoffensivi rivoli. Le proteste erano già iniziate nel 1953, al terzo anno di vita della
manifestazione: le giurie popolari iniziavano a mostrare grande importanza e, sotto sotto, qualcuno velatamente insinuava malignità. Il mormorio diventa fragore nel '58. Deluso dal risultato finale, Claudio Villa viene trascinato di peso fuori
dal Casinò: "Dove sono i miei voti? Mi avevano assicurato 350 preferenze sicure". Il caos è totale e qualcuno rimpiange già le scaramucce degli anni precedenti. Nel '54 era stato Totò, delusissimo, a mettere in agitazione gli organizzatori: aveva capito che la sua canzone Con te (della quale era autore) aveva perso la gara e lui tenne il broncio fino alla fine della manifestazione.
Nel '55, poi, i fans di Nilla Pizzi (esclusa dalla kermesse) avevano minacciato di gettare "mille topolini" in sala se la cantante non fosse stata convocata almeno per l'ultima sera.
A smascherare le piccolezze e le infamie che correvano dietro le quinte pensò nel 1960 Piero Vivarelli, già autore de Il tuo bacio è come un rock di Adriano Celentano.
Sbarca in Riviera e gira un film: Sanremo, la grande sfida che mette alla gogna tutti o quasi i grandi interpreti del tempo. Celebre la battuta: "Alla roulette, chi perde paga, al Festival chi
paga vince". Roba da denuncia. Che arriva puntuale nel 1963. Protagonisti due pesi massimi: Vittorio De Sica, membro della giuria, e lo scrittore Giuseppe Marotta, la cui canzone viene scartata. I due si insultano e il regista querela. Idem nel 1968:
Don Backy denuncia Celentano addirittura per appropriazione indebita, chiede 200 milioni di danni (di allora) e spedisce la Finanza negli uffici del Molleggiato. Alla fine avrà solo sei milioni. Motivi economici furono alla base anche delle proteste del Cisas, il sindacato dei cantanti, che nel 1972 accusò l'Organizzazione del Festival minacciando il boicottaggio: nulla
di fatto, ma la riunione fissata la notte precedente lo show si concluderà solo alle 7 del mattino. Contestazione anche molti anni dopo, nel 1984, quando una delegazione di
metalmeccanici dell'Italsider salì sul palco dell'Ariston per rivendicare un miglior trattamento contrattuale. Sei operai lessero un comunicato, ma ben presto si capì che era stato solo uno stratagemma del presentatore Pippo Baudo per aumentare l'audience. Lo rifarà anche nel decennio successivo: un presunto suicida apparve misteriosamente sulla balconata dell'Ariston
minacciando di gettarsi giù. Solo l'intervento di Baudo sembrò salvarlo, ma tempo dopo sia il protagonista, Pino Pagano, che gli inviati della trasmissione Striscia la Notizia smascherarono il trucco. Anche Lucio Dalla, nel 1971, accettò di 'truccare' la sua canzone. I versi 'Giocava alla madonna con il bimbo da
fasciare/ e ancora adesso che bestemmio e bevo vino/ per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino' diventano: 'Giocava a far la donna col bimbo da fasciare/ e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino/ per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino'. La canzone, lo avete capito, è 4 marzo 1943, una delle più belle del dopoguerra. Dalla, che era in gara e non aveva ancora la popolarità di oggi, accettò le modifiche. Ma
solo per il tempo del Festival: in seguito ha sempre eseguito la canzone con il testo originale. Altri non hanno potuto vantare la stessa integrità artistica. Molti sostengono di aver ascoltato
Gianni Morandi cantare anzitempo la canzone Zingara, che Iva Zanicchi e Bobby Solo portarono alla vittoria nel 1969. Nessuno riuscì a dimostrare nulla, anche se il destino perseguitò il brano al punto da renderlo protagonista, oltre trent'anni dopo, di una vertenza legale che oppose la Zanicchi a Francesco De Gregori. 
Ma il problema dei plagi toccò anche molti altri. La canzone Se m'innamoro, che nel 1985 consegnò la vittoria ai Ricchi e Poveri, era la copia provata di She's a lady, scritta da Paul Anka e interpretata da Tom Jones. Anche Ron, nel 1996, finì nel mirino per i versi di Vorrei incontrarti tra cent'anni, ma se la cavò con una magra figura presto dimenticata. Invece Patty Pravo la prese molto peggio nel 1987 (vittoria del trio Ruggeri Tozzi Morandi con Si può dare di più). La sua Pigramente signora era la riproduzione testuale di To the morning di Dan Fogelberg. Tutti negarono, ma le radio smascherarono l'inghippo e la cantante rimandò il suo rientro in piena regola sulla grande scena. Ma non sono soltanto le questioni artistiche a movimentare la storia sanremese. A partire dal 'Woytilaccio' di Benigni nell'80 fino al rap politico di Jovanotti nel 2000 (dedicato, in qualche modo, al presidente del consiglio D'Alema) l'elenco è lungo ma non sempre significativo. Calato il sipario, spente le luci, il Festival della Canzone Italiana riesce (quasi) sempre a portarsi via anche le polemiche.    

 

 

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