"Faccio questo non perché
stanco della vita (tutt'altro), ma come atto di protesta contro un
pubblico che manda in finale Io
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tu e le
rose e una
commissione che seleziona La rivoluzione".
Basterebbe questo passo del messaggio lasciato da Luigi
Tenco nella stanza 219 dell'Hotel Savoy di Sanremo, a dare
la misura delle polemiche che |
hanno attraversato la storia
del Festival. Tenco si era presentato all'edizione 1967 con una
delle sue peggiori canzoni, Ciao amore ciao e, finora,
nessuno è riuscito a chiarire fino in fondo i perché del suo
suicidio.
E' stato,
quel proiettile nella notte tra il 26 e il 27 gennaio, il
punto di svolta del Festival. Le polemiche e gli scandali,
ovvio, c'erano sempre stati, ma da quel momento, per un
comprensibile meccanismo di compensazione, non
raggiungeranno più gli stessi picchi e, anzi, spesso si
disperderanno spesso in mille, inoffensivi rivoli. Le
proteste erano già iniziate nel 1953, al terzo anno di
vita della |
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manifestazione: le giurie popolari
iniziavano a mostrare grande importanza e, sotto sotto, qualcuno
velatamente insinuava malignità. Il mormorio diventa fragore nel
'58. Deluso dal risultato finale, Claudio Villa viene trascinato
di peso fuori
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dal Casinò:
"Dove sono i miei voti? Mi avevano assicurato 350
preferenze sicure". Il caos è totale e qualcuno
rimpiange già le scaramucce degli anni precedenti. Nel
'54 era stato Totò, delusissimo, a mettere in agitazione
gli organizzatori: aveva capito che la sua canzone Con
te (della quale era autore) aveva perso la gara e lui
tenne il broncio fino alla fine della manifestazione. |
Nel '55, poi, i fans di Nilla
Pizzi (esclusa dalla kermesse) avevano minacciato di gettare
"mille topolini" in sala se la cantante non fosse stata
convocata almeno per l'ultima sera.
A
smascherare le piccolezze e le infamie che correvano
dietro le quinte pensò nel 1960 Piero Vivarelli, già
autore de Il tuo bacio è come un rock di Adriano
Celentano.
Sbarca in Riviera e gira un film: Sanremo, la grande
sfida che mette alla gogna tutti o quasi i grandi
interpreti del tempo. Celebre la battuta: "Alla
roulette, chi perde paga, al Festival chi |
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paga vince". Roba da
denuncia. Che arriva puntuale nel 1963. Protagonisti due pesi
massimi: Vittorio De Sica, membro della giuria, e lo scrittore
Giuseppe Marotta, la cui canzone viene scartata. I due si
insultano e il regista querela. Idem nel 1968:
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Don Backy
denuncia Celentano addirittura per appropriazione
indebita, chiede 200 milioni di danni (di allora) e
spedisce la Finanza negli uffici del Molleggiato. Alla
fine avrà solo sei milioni. Motivi economici furono alla
base anche delle proteste del Cisas, il sindacato dei
cantanti, che nel 1972 accusò l'Organizzazione del
Festival minacciando il boicottaggio: nulla |
di fatto, ma la riunione fissata
la notte precedente lo show si concluderà solo alle 7 del
mattino. Contestazione anche molti anni dopo, nel 1984, quando una
delegazione di
metalmeccanici
dell'Italsider salì sul palco dell'Ariston per
rivendicare un miglior trattamento contrattuale. Sei
operai lessero un comunicato, ma ben presto si capì che
era stato solo uno stratagemma del presentatore Pippo
Baudo per aumentare l'audience. Lo rifarà anche nel
decennio successivo: un presunto suicida apparve
misteriosamente sulla balconata dell'Ariston |
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minacciando di gettarsi giù. Solo
l'intervento di Baudo sembrò salvarlo, ma tempo dopo sia il
protagonista, Pino Pagano, che gli inviati della trasmissione Striscia
la Notizia smascherarono il trucco. Anche Lucio Dalla, nel
1971, accettò di 'truccare' la sua canzone. I versi 'Giocava alla
madonna con il bimbo da
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fasciare/ e
ancora adesso che bestemmio e bevo vino/ per i ladri e le
puttane sono Gesù Bambino' diventano: 'Giocava a far la
donna col bimbo da fasciare/ e ancora adesso che gioco a
carte e bevo vino/ per la gente del porto mi chiamo Gesù
Bambino'. La canzone, lo avete capito, è 4 marzo 1943,
una delle più belle del dopoguerra. Dalla, che era in
gara e non aveva ancora la popolarità di oggi, accettò
le modifiche. Ma |
solo per il tempo del Festival: in
seguito ha sempre eseguito la canzone con il testo originale.
Altri non hanno potuto vantare la stessa integrità artistica.
Molti sostengono di aver ascoltato
Gianni
Morandi cantare anzitempo la canzone Zingara, che
Iva Zanicchi e Bobby Solo portarono alla vittoria nel
1969. Nessuno riuscì a dimostrare nulla, anche se il
destino perseguitò il brano al punto da renderlo
protagonista, oltre trent'anni dopo, di una vertenza
legale che oppose la Zanicchi a Francesco De Gregori. |
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Ma il problema dei plagi toccò
anche molti altri. La canzone Se m'innamoro, che nel 1985
consegnò la vittoria ai Ricchi e Poveri, era la copia provata di She's
a lady, scritta da Paul Anka e interpretata da Tom Jones.
Anche Ron, nel 1996, finì nel mirino per i versi di Vorrei
incontrarti tra cent'anni, ma se la cavò con una magra
figura presto dimenticata. Invece Patty Pravo la prese molto
peggio nel 1987 (vittoria del trio Ruggeri Tozzi Morandi con Si
può dare di più). La sua Pigramente signora era la
riproduzione testuale di To the morning di Dan Fogelberg.
Tutti negarono, ma le radio smascherarono l'inghippo e la cantante
rimandò il suo rientro in piena regola sulla grande scena. Ma non
sono soltanto le questioni artistiche a movimentare la storia
sanremese. A partire dal 'Woytilaccio' di Benigni nell'80 fino al
rap politico di Jovanotti nel 2000 (dedicato, in qualche modo, al
presidente del consiglio D'Alema) l'elenco è lungo ma non sempre
significativo. Calato il sipario, spente le luci, il Festival
della Canzone Italiana riesce (quasi) sempre a portarsi via anche
le polemiche. |