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Ci ha raccontato un pezzo di mondo con musica e parole intrecciate a poesia, create anche per capire chi siamo e dove viviamo attraverso un gioco di testa, di cuore e di voce.
Luigi Tenco. La perizia calligrafica commissionata dal Secolo XIX al consulente Andrea Delfino, pubblicata nell'edizione di ieri, ci restituisce l'immagine e la sostanza dell'artista che conoscevamo e che amiamo.
Luigi Tenco. Portavoce di un popolo e di una razza a forte rischio di estinzione, capace di suggerire indignazione o di dar scandalo per il solo fatto di non essere cloroformizzato, omologato o rassegnato.
Controcorrente, certo, con la sincerità e il coraggio della contestazione ad ogni tipo di sistema imbarazzante e coercitivo. Fuori dal branco e da ogni forma di realismo aziendale, anche se questa scelta impone all'incasso sofferenze e sgambetti. Complesso, ma quasi con pudore: a quarant'anni di distanza il suo mondo accomuna un'imponente tribù di irriducibili anarchici.
Diceva Tenco: «Se dentro le canzoni metti delle idee, queste si trasmettono con le canzoni. Solo che, per diffondere adeguatamente le canzoni, è necessario che io trovi la maniera di farlo con gli stessi strumenti della società cui mi rivolgo. Altrimenti è inutile, ne fai a meno, non protesti».
E a scanso di equivoci chiariva: «I giovani in America protestano contro la guerra perché quel Paese li manda a morire in Vietnam. Noi abbiamo mille altre cose contro cui protestare: il clericalismo, l'affarismo, la corruzione, la mancanza di una legge sul divorzio, gli scandali a ripetizione, il qualunquismo, la burocrazia bestiale».
Talento smisurato, ma soprattutto lunga gavetta e ricerca ossessiva della qualità. E' almeno confortante scoprire, grazie alla minuziosa perizia compiuta sul suo ultimo messaggio scritto, che in quel momento estremo Tenco non era affatto soffocato dalla depressione. Esattamente il contrario. Analisi e denuncia sono rabbiose e lucide. Anche troppo, perché nel suo attacco kamikaze al sistema, Tenco non individua più la possibilità di compromessi tra il suo modo di essere e di pensare e il resto del mondo.
Luigi Tenco: un ragazzo allegro che amava la vita. E non sembri una contraddizione. E' questo lo scenario in cui si inserisce la decisione della procura di Sanremo di disporre la riesumazione della salma dell'artista e di riaprire il caso-Tenco, a caccia di nuovi elementi.
La stragrande maggioranza dei lettori del Secolo XIX non apprezza ed esprime forte dissenso attraverso lettere ed email. All'iniziativa della procura, i lettori attribuiscono più la valenza di un evento capace di garantire ritorni mediatici che il valore di un'inchiesta dagli esiti del resto improbabili. Ma c'è un altro particolare ricorrente nei messaggi dei lettori al giornale: tutti rimproverano agli enti locali la disattenzione che ha impedito finora, nonostante ripetute sollecitazioni e anche interventi politici (ad esempio quello dell'ex consigliere regionale Gianfranco Gadolla, su suggerimento dello scrittore Mario Dentone) di onorare adeguatamente la memoria e l'opera del concittadino-Tenco.
Hanno fatto prima e meglio non solo Ricaldone, che dalla metà degli anni Settanta ricorda il cantautore con una piazza, ma anche Roma (largo Tenco alla periferia nord), Castelbuono in Sicilia (via Tenco) e Pedaso nelle Marche (sottopasso Tenco). E Genova? Da queste parti, la speranza ormai è davvero un'abitudine.
carozzi@ilsecoloxix.it
articolo del 30/1/2006
tratto dal giornale SECOLO
XIX
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