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La RAI ci ordinò: "Fate sparire il corpo di Tenco"
Sanremo (Imperia) marzo
Arriva il festival della canzone e l'indignazione monta. Gli capita così ogni volta. Da 37 anni, "Sì, perché sulla morte di Luigi Tenco e su tutto quello che è accaduto nelle ore successive alla scoperta del suo cadavere, non è stata ancora scritta tutta la verità".
Arrigo Molinari, 71 anni, oggi avvocato, è l'ex vicedirigente del commissariato di Sanremo che si precipitò, verso le tre di mattina del 27 gennaio del 1967, in pieno festival, nella stanza 219 dell'hotel Savoy, dove il cantautore, steso sul pavimento con una pistola accanto, era ormai morto. Fu lui a trovarsi coinvolto nella bagarre che seguì quella tragica scoperta e a doverla gestire. "Successe di tutto: la frettolosa rimozione del cadavere e quindi la mancanza di accurati rilievi, la successiva ricostruzione della scena con la ricomposizione del corpo nella stanza dopo che era già stato portato all'obitorio del cimitero, le forti pressioni e le richieste di insabbiare tutto", ricorda. "E l'artefice di tutto ciò fu Ugo Zatterin, noto giornalista, potente uomo della RAI (morto 4 anni fa a 79 anni, ndr), divenuto famoso soprattutto come conduttore della popolare trasmissione televisiva Tribuna Politica. Finché sono stato in polizia (Molinari è andato in pensione sei anni fa, ndr) non ne ho mai parlato perché la RAI da noi, è un'istituzione e io ero un uomo delle istituzioni. Ma da quando ho lasciato la divisa ho sempre aspettato l'occasione per togliermi questo peso, che mi rodeva dentro. L'occasione sembrava essersi presentata nel febbraio dello scorso anno allorché proprio la RAI mi ha chiamato. Stavano preparando un'intera puntata sulla morte di Tenco nell'ambito del programma Enigma e ho raccontato, per la prima volta, tutto ciò che ho visto e ho vissuto quella notte, seppur in versione soft dato che chiamavo in causa un esponente dell'azienda. Quando però la trasmissione è andata in onda, la mia testimonianza, per quanto edulcorata, era stata completamente tagliata, censurata".
Arrigo Molinari,lasciata Sanremo nel 1969, ha diretto la squadra Mobile di Genova fino al 1983, poi è stato questore a Nuoro, ha diretto la scuola di polizia a Roma e infine l'ufficio ispettivo per il nord Italia. "Fra l'altro ho combattuto il terrorismo in prima linea negli anni di piombo" ricorda con orgoglio. "Ma per tutti sono il commissario del caso Tenco. E allora, se proprio lo vuole sapere, ecco ciò che accadde realmente quella notte.
"Stavo andando a letto dopo aver seguito la serata del festival e controllato che tutto fosse in ordine, quando dal commissariato mi avvertirono di aver ricevuto una telefonata dal Savoy: Luigi Tenco era morto. Mi precipitai all'albergo e nella stanza 219 trovai il cantante disteso sul pavimento con una pistola accanto. Ricordo che tra le prime cose che ho fatto volli accertarmi di chi fosse quell'arma (risultò sua) e che fui colpito da un biglietto su un tavolino. C'era scritto: "Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente 5 anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e contro una commissione (quella di ripescaggio, ndr) che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi".
"C'era una gran confusione. La notizia si era subito sparsa dopo che Dalida (la cantante legata a Tenco sentimentalmente che quella sera aveva cantato in coppia con lui la canzone eliminata, ndr), aveva trovato il cadavere al rientro in albergo. E i giornalisti premevano per avere notizie, per sapere chi aveva sparato al cantautore. Così, per calmare le acque, li affrontai, lessi il biglietto che avevo trovato e che faceva pensare a un suicidio, e promisi loro che non appena ultimato il sopralluogo li avrei fatti entrare nella stanza e avrei permesso di fare le fotografie. La stessa promessa che feci a Lello Bersani, volto storico della TV (morto due anni fa, pure lui a 79 anni, ndr). Ma subito dopo venni chiamato nella hall dell'ultimo piano da Gianni Ravera, il patron del festival.
"Anche lì trovai una confusione incredibile, ma su tutti spiccava la figura di Ugo Zatterin che, al festival, era nelle vesti di presidente della commissione selezionatrice, rappresentava la RAI ed era temutissimo per i suoi agganci con il potere romano. Era letteralmente imbestialito. Camminava su e giù per il salone e urlava contro tutti frasi del tipo: "Ve l'avevo detto che quello lì (ossia Tenco, ndr) ci avrebbe combinato dei guai, che non doveva mettere piede a Sanremo con tutti i suoi problemi". E quando gli fui presentato, mi minacciò di farmi trasferire nel più sperduto paesino d'Italia, perché avevo reso pubblico il biglietto lasciato da Tenco. Si era reso conto che il clamoroso atto di protesta dell'artista avrebbe scatenato sul festival un putiferio, come infatti avvenne. Mentre lui desiderava "pilotare" ogni notizia, badando innanzitutto a non creare alcuno scandalo e facendo passare quella scomoda morte per un incidente del tutto casuale.
"Insomma voleva minimizzare al massimo la vicenda e liberarsi al più presto del cadavere. Così mi chiese di farlo sparire. Ma a questo punto si scontrò duramente con Lello Bersani. Bersani diceva che voleva fare un reportage serio, mostrare le immagini della tragedia e riferire tutte le notizie. E apparteneva alla schiera di coloro che volevano la sospensione della manifestazione, per irspetto della vittima.
"Per Zatterin, invece, lo spettacolo doveva continuare a tutti i costi, dati i forti interessi che già allora roteavano attorno al festival, e non si doveva assolutamente fermare per lo sconsiderato gesto di un cantautore da lui poco valutato. Ed è quello che volevano anche Ravera e i rappresentanti del Comune. Deve sapere che a quei tempi Sanremo era rappresentata come una cittadina sempre felice, piena solo di fiori, di sorrisi e di serenità. Ogni notizia che contrastava con questa immagine veniva rigorosamente censurata, sui giornali non appariva mai una riga. E siccome, come adesso era popolata soprattutto da anziani che venivano a svernare, ogni grande albergo si era dotato di un paio di bare di pronto intervento. Se qualche ospite disgraziatamente moriva improvvisamente per cause naturali, il cadavere veniva immediatamente composto nella cassa e portato via da un'uscita secondaria, per non turbare la vita degli altri ospiti.
"Dunque, mentre fra Zatterin e Bersani avveniva questa litigata, al limite della rissa, un agente mi avvertì che aveva fatto portare via il cadavere dai necrofori del cimitero su ordine di non ricordo chi. Bersani scoppiò a piangere. Zatterin aveva vinto. Concordò con il "suo" gruppo che il festival sarebbe continuato e un pò alla volta la sala si svuotò. Rimasero solo alcuni giornalisti e fu allora che, per far fede alla parola data, diedi ordine di riportare la salma del cantante nella sua stanza per permettere ai fotografi e alla troupe di Bersani di fare il loro lavoro. E così avvenne.
"Cercammo di rimettere il corpo e la pistola come li avevamo trovati ma non badammo tanto ai particolari. Per questo apparirono poi delle incongruenze, come i piedi di Tenco sotto il cassettone con la pistola fra le gambe, posizioni insolite per un suicida. lo so, è una storia incredibile. Ma a quei tempi avevamo larga discrezionalità, a patto di non toccare le istituzioni o la pubblica moralità. Come attrezzature e come organizzazione, per esempio potevamo essere paragonati all'Iraq di oggi. Eravamo in 40 al commissariato ma avevamo la disponibilità solo di una camionetta e di un auto civile. Per non parlare delle condizioni della magistratura. Oggi, il palazzo di giustizia di Sanremo sembra un piccolo ministero. Allora c'era un procuratore, un sostituto e una segretaria che si divideva fra i due. Non avevamo i soldi neppure per pagare le bollette della luce. E infatti, per manacnza di fondi, quando capitava un morto di morte violenta, non c'era la possibilità di fare neppure l'autopsia. Come avvenne per Tenco. Il fratello ebbe il permesso di riprendersi il corpo e lo portò via l'indomani stesso".
Questo allucinante via vai del cadavere scoperto e rivelato per la prima volta da Oggi esattamente dieci anni fa, e l'insieme di queste e altre circostanze crearono il giallo sulla morte del giovane e tenebroso cantautore genovese, morto ad appena 29 anni. Ancora oggi c'è chi sostiene che l'artista mai e poi mai si sarebbe ucciso per una banalità, ossia perché la sua canzone (Ciao amore ciao, peraltro da lui eseguita in maniera disastrosa perché si trovava in condizioni psicofisiche tutt'altro che buone) non era stata capita ed era stata bocciata. E la frettolosità con cui il corpo fu fatto sparire, di cui oggi l'ex Commissario Molinari ne svela le ragioni, unitamente all'assenza di autopsia, hanno contribuito a non fugare i dubbi sull'inchiesta, subito archiviata come suicidio. Tant'è che lo stesso ex poliziotto, alla domanda se oggi si comporterebbe nello stesso modo, risponde:
"No, invece di tenere a bada i giornalisti che premevano e a farmi condizionare da Zatterin, me ne starei chiuso nella stanza della vittima a esaminare ogni spillo, perché ogni minimo particolare può "parlare". Ma, solo per scrupolo professionale perché sulla morte di Tenco, per come l'ho visto morto, per lo scritto che ha lasciato, per le condizioni di estrema depressione in cui si trovava, come hanno rivelato i suoi amici di quella sera, non ho mai avuto dubbi: si è suicidato. E' altrettanto certo, però, che se facessimo oggi tutto quello che abbiamo fatto quella notte, finiremmo tutti in galera".
Enrico Pugnaletto
articolo
tratto da "OGGI" del 10/03/2004
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